La memoria dopo la morte e il processo di beatificazione
Il 6 aprile 1894, alle ore 10, in una chiesa cattedrale gremita all'inverosimile, tanto che fu necessario l'intervento militare per aprire un varco al feretro, furono celebrati i solenni funerali, presieduti da mons. Stagno, ausiliare di Messina. Alle 16.30 partì il corteo funebre, cui prese parte una lunga teoria di rappresentanze: il vescovo ausiliare, il capitolo, i canonici, il clero, i seminaristi, i religiosi, e poi la polizia di Stato, i vigili del fuoco, le guardie del Club Alpino Italiano, il Circolo Unione, i fattorini telegrafici, il corpo della banda Bellini senza gli strumenti, gli alunni del collegio Cutelli e quelli del collegio Gioeni, i giovani delle scuole salesiane. Il corteo percorse parte della città, e vi era così tanta gente che non era possibile distinguere la via carrabile dai marciapiedi. Successivamente, per raggiungere il cimitero, il corteo si spostò nelle campagne, dove un numero non minore di persone lo accompagnò sino al luogo della sepoltura nella cappella dell'Arciconfraternita dei Bianchi. Alle ore 20.30 la salma fu calata nella tomba benedetta dall'abate di Montecassino.
Appare chiaro come, già in vita, il Dusmet godesse di una grande fama di santità e di stima universale, anche fra i suoi nemici sia politici che religiosi. Tale fama non cessò dopo la sua morte; fiorì, anzi, in manifestazioni di devozione e di fiducia. Già al cimitero era continua la peregrinazione dei fedeli, che andavano a portare fiori e lumini, a chiedere grazie e a raccontare quelle che avevano ricevute, e molti sacerdoti lì andavano a celebrare durante l'intera giornata. E, anche quando la tomba venne aperta solo il lunedì, non mancavano ogni giorno i fedeli che si recavano lì a pregare dietro i cancelli.
Nel 1898 iniziò l'iter per trasferire la salma in cattedrale, cosa allora generalmente assai difficile per le resistenze dell'amministrazione, ma in questo caso furono proprio gli amministratori locali ad appoggiare il voto del popolo presso le autorità superiori. Il 20 marzo 1904, finalmente, la Camera dei Deputati e il Senato approvavano la richiesta e venivano approntate le necessarie operazioni per la traslazione. L'11 maggio si provvide all'esumazione, la salma fu trovata intatta, quindi poté essere lavata e rivestita. Il 20 maggio fu nuovamente ripulita dal dottor Mario Condorelli Maugeri, rivestita di nuovi abiti e riposta nella nuova cassa.
All'alba del 29 maggio partì il corteo funebre per riportare il cardinale in città. Nonostante fosse stato scelto un orario scomodo, furono molte le persone presenti, che, in silenzio e in preghiera, si accinsero in processione a precedere il feretro. Dopo un'ora il corteo giunse alla chiesa del Purgatorio, dove per tutto il giorno una fiumana incalcolabile di gente andò a rendere omaggio al Dusmet. Fu necessario riaprire una porta laterale, già da tempo murata, per permettere il fluire dell'infinita processione.
Alle ore 17 ripartì la processione che avrebbe portato il feretro nella chiesa di San Nicolò, dove un tempo il Dusmet era stato abate e che da lui era stata salvata dalla chiusura. Il concorso del popolo fu immenso: si stimò la presenza di circa 24.000 persone, tanto che il feretro riuscì a raggiungere la meta solo due ore e mezza più tardi.
Il giorno seguente, 30 maggio, moltissima gente si recò di buon mattino a San Nicolò, tanto che alle 5 si celebravano Messe già in dieci altari. La chiesa rimase aperta sino alle 13, fra le visite e le preghiere di poveri e nobili, sacerdoti e prelati. Alle ore 16.30, precedetuo dalle guardie e dal clero, il corteo uscì dal portone del monastero; ci volle mezz'ora prima di veder uscire il feretro dalla porta centrale della chiesa. Erano presenti rappresentanti di tutte le realtà civili e religiose della città e della diocesi, ma anche da altri luoghi legati al Dusmet, come Arcireale, Caltagirone, Caltanissetta. Alle 19.30 il feretro arrivò in cattedrale, lo salutarono i lenti rintocchi delle campane, si stimarono circa 30.000 persone in piazza.
Il 31 maggio alle 10 si celebrarono le solenni esequie e alle ore 15, in forma privata, la salma venne tumulata nel sepolcro ricavato su un pilastro del perimetro del presbiterio, vicino la cappella di sant'Agata. Da allora, come testimonia il sacerdote Malerba, "non c'è stato un solo giorno in cui la sua tomba non abbia attirato centinaia di persone, venute per raccomandarsi alla sua intercessione [...] ho potuto constatare come la sua immagine è esposta in quasi tutte le famiglie" (Positio, p. 602).
Così si andava propagando e rafforzando la fama di santità e la gente non cessava di visitare la tomba. Nonostante i divieti dell'autorità ecclesiastica, molti chiedevano reliquie, portanto via, come tali, anche i fiori che venivano deposti sulla sua tomba. Anche nei paesi dell'arcidiocesi la fama di santità era diffusa, e ciò accadeva non meno nelle altre realtà isolane con cui il Dusmet era venuto in contatto.
Nonostante questo, il processo di beatificazione subì un notevole ritardo, dovuto ai problemi con le autorità civili, e anche con buona parte dei cittadini, che ebbe il successore del Dusmet, il card. Nava, a cui veniva ideologicamente contrapposta la figura dell'amato benedettino. Solo trentotto anni dopo, l'arcivescovo, mons. Carmelo Patané, fattosi voce dei sentimenti del popolo, aprì il processo informativo, che si concluse nel 1937, mentre la commissione teologica sugli scritto consegnò il proprio lavoro nel 1938. La Sacra Congregazione dei Riti diede il nulla osta a procedere il 5 febbraio 1941, ma la guerra causò un ulteriore ritardo. Ripreso il processo, il 2 gennaio 1949 Pio XII istituì la Commissione per l'introduzione della causa, e nel 1951 fu ultimato il processo apostolico, con l'audizione di 72 testimoni in 171 sessioni.
Nel 1951 venne compiuta una nuova ricognizione delle spoglie mortali, ancora trovate incorrotte, che furono però malamente ricomposte e, di conseguenza, danneggiate.
Nel 1959, il 17 dicembre, fu presentata la perorazione per la glorificazione del Servo di Dio. Il 15 luglio 1965 Paolo VI firmò il decreto sull'eroicità delle virtù, e poco dopo iniziò il processo super miraculo relativo all'inspiegabile guarigione del muratore Salvatore Consoli, che, caduto da una scala, aveva riportato danni gravissimi consistenti nella distruzione parziale della XII dorsale, inclinatasi sul corpo della prima lombare. La moglie, recatasi sulla tomba del Dusmet, portò in ospedale, dove il marito era in preda a una grave infezione, un santino e un fiore da lì prelevato: il giorno dopo l'uomo era perfettamente guarito e la XII dorsale appariva ricostruita e riposizionata (vedi Decretum super miraculo). Approvato il miracolo, il Dusmet venne beatificato in Piazza San Pietro da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988. Quel giorno divenne anche la data della memoria liturgica nel Proprio delle Chiese di Sicilia.
L'anno seguente le reliquie furono portate in pellegrinaggio nei luoghi dove era vissuto. Attualmente la devozione è presente in tutto il territorio dell'arcidiocesi di Catania e a Caltanissetta.
Testo tratto da Giovanni Carovello Grasta, La nostra bandiera è la concordia. L'ecclesiologia del beato Giuseppe Benedetto Dusmet, arcivescovo di Catania (1867-1894), tesi di Licenza anno 2017-2018, pp. 20-23.
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Il 6 aprile 1894, alle ore 10, in una chiesa cattedrale gremita all'inverosimile, tanto che fu necessario l'intervento militare per aprire un varco al feretro, furono celebrati i solenni funerali, presieduti da mons. Stagno, ausiliare di Messina. Alle 16.30 partì il corteo funebre, cui prese parte una lunga teoria di rappresentanze: il vescovo ausiliare, il capitolo, i canonici, il clero, i seminaristi, i religiosi, e poi la polizia di Stato, i vigili del fuoco, le guardie del Club Alpino Italiano, il Circolo Unione, i fattorini telegrafici, il corpo della banda Bellini senza gli strumenti, gli alunni del collegio Cutelli e quelli del collegio Gioeni, i giovani delle scuole salesiane. Il corteo percorse parte della città, e vi era così tanta gente che non era possibile distinguere la via carrabile dai marciapiedi. Successivamente, per raggiungere il cimitero, il corteo si spostò nelle campagne, dove un numero non minore di persone lo accompagnò sino al luogo della sepoltura nella cappella dell'Arciconfraternita dei Bianchi. Alle ore 20.30 la salma fu calata nella tomba benedetta dall'abate di Montecassino.
Appare chiaro come, già in vita, il Dusmet godesse di una grande fama di santità e di stima universale, anche fra i suoi nemici sia politici che religiosi. Tale fama non cessò dopo la sua morte; fiorì, anzi, in manifestazioni di devozione e di fiducia. Già al cimitero era continua la peregrinazione dei fedeli, che andavano a portare fiori e lumini, a chiedere grazie e a raccontare quelle che avevano ricevute, e molti sacerdoti lì andavano a celebrare durante l'intera giornata. E, anche quando la tomba venne aperta solo il lunedì, non mancavano ogni giorno i fedeli che si recavano lì a pregare dietro i cancelli.
Nel 1898 iniziò l'iter per trasferire la salma in cattedrale, cosa allora generalmente assai difficile per le resistenze dell'amministrazione, ma in questo caso furono proprio gli amministratori locali ad appoggiare il voto del popolo presso le autorità superiori. Il 20 marzo 1904, finalmente, la Camera dei Deputati e il Senato approvavano la richiesta e venivano approntate le necessarie operazioni per la traslazione. L'11 maggio si provvide all'esumazione, la salma fu trovata intatta, quindi poté essere lavata e rivestita. Il 20 maggio fu nuovamente ripulita dal dottor Mario Condorelli Maugeri, rivestita di nuovi abiti e riposta nella nuova cassa.
All'alba del 29 maggio partì il corteo funebre per riportare il cardinale in città. Nonostante fosse stato scelto un orario scomodo, furono molte le persone presenti, che, in silenzio e in preghiera, si accinsero in processione a precedere il feretro. Dopo un'ora il corteo giunse alla chiesa del Purgatorio, dove per tutto il giorno una fiumana incalcolabile di gente andò a rendere omaggio al Dusmet. Fu necessario riaprire una porta laterale, già da tempo murata, per permettere il fluire dell'infinita processione.
Alle ore 17 ripartì la processione che avrebbe portato il feretro nella chiesa di San Nicolò, dove un tempo il Dusmet era stato abate e che da lui era stata salvata dalla chiusura. Il concorso del popolo fu immenso: si stimò la presenza di circa 24.000 persone, tanto che il feretro riuscì a raggiungere la meta solo due ore e mezza più tardi.
Il giorno seguente, 30 maggio, moltissima gente si recò di buon mattino a San Nicolò, tanto che alle 5 si celebravano Messe già in dieci altari. La chiesa rimase aperta sino alle 13, fra le visite e le preghiere di poveri e nobili, sacerdoti e prelati. Alle ore 16.30, precedetuo dalle guardie e dal clero, il corteo uscì dal portone del monastero; ci volle mezz'ora prima di veder uscire il feretro dalla porta centrale della chiesa. Erano presenti rappresentanti di tutte le realtà civili e religiose della città e della diocesi, ma anche da altri luoghi legati al Dusmet, come Arcireale, Caltagirone, Caltanissetta. Alle 19.30 il feretro arrivò in cattedrale, lo salutarono i lenti rintocchi delle campane, si stimarono circa 30.000 persone in piazza.
Il 31 maggio alle 10 si celebrarono le solenni esequie e alle ore 15, in forma privata, la salma venne tumulata nel sepolcro ricavato su un pilastro del perimetro del presbiterio, vicino la cappella di sant'Agata. Da allora, come testimonia il sacerdote Malerba, "non c'è stato un solo giorno in cui la sua tomba non abbia attirato centinaia di persone, venute per raccomandarsi alla sua intercessione [...] ho potuto constatare come la sua immagine è esposta in quasi tutte le famiglie" (Positio, p. 602).
Così si andava propagando e rafforzando la fama di santità e la gente non cessava di visitare la tomba. Nonostante i divieti dell'autorità ecclesiastica, molti chiedevano reliquie, portanto via, come tali, anche i fiori che venivano deposti sulla sua tomba. Anche nei paesi dell'arcidiocesi la fama di santità era diffusa, e ciò accadeva non meno nelle altre realtà isolane con cui il Dusmet era venuto in contatto.
Nonostante questo, il processo di beatificazione subì un notevole ritardo, dovuto ai problemi con le autorità civili, e anche con buona parte dei cittadini, che ebbe il successore del Dusmet, il card. Nava, a cui veniva ideologicamente contrapposta la figura dell'amato benedettino. Solo trentotto anni dopo, l'arcivescovo, mons. Carmelo Patané, fattosi voce dei sentimenti del popolo, aprì il processo informativo, che si concluse nel 1937, mentre la commissione teologica sugli scritto consegnò il proprio lavoro nel 1938. La Sacra Congregazione dei Riti diede il nulla osta a procedere il 5 febbraio 1941, ma la guerra causò un ulteriore ritardo. Ripreso il processo, il 2 gennaio 1949 Pio XII istituì la Commissione per l'introduzione della causa, e nel 1951 fu ultimato il processo apostolico, con l'audizione di 72 testimoni in 171 sessioni.
Nel 1951 venne compiuta una nuova ricognizione delle spoglie mortali, ancora trovate incorrotte, che furono però malamente ricomposte e, di conseguenza, danneggiate.
Nel 1959, il 17 dicembre, fu presentata la perorazione per la glorificazione del Servo di Dio. Il 15 luglio 1965 Paolo VI firmò il decreto sull'eroicità delle virtù, e poco dopo iniziò il processo super miraculo relativo all'inspiegabile guarigione del muratore Salvatore Consoli, che, caduto da una scala, aveva riportato danni gravissimi consistenti nella distruzione parziale della XII dorsale, inclinatasi sul corpo della prima lombare. La moglie, recatasi sulla tomba del Dusmet, portò in ospedale, dove il marito era in preda a una grave infezione, un santino e un fiore da lì prelevato: il giorno dopo l'uomo era perfettamente guarito e la XII dorsale appariva ricostruita e riposizionata (vedi Decretum super miraculo). Approvato il miracolo, il Dusmet venne beatificato in Piazza San Pietro da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988. Quel giorno divenne anche la data della memoria liturgica nel Proprio delle Chiese di Sicilia.
L'anno seguente le reliquie furono portate in pellegrinaggio nei luoghi dove era vissuto. Attualmente la devozione è presente in tutto il territorio dell'arcidiocesi di Catania e a Caltanissetta.
Testo tratto da Giovanni Carovello Grasta, La nostra bandiera è la concordia. L'ecclesiologia del beato Giuseppe Benedetto Dusmet, arcivescovo di Catania (1867-1894), tesi di Licenza anno 2017-2018, pp. 20-23.
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