1. La prima lettera pastorale - 14 Marzo 1867
Giuseppe Benedetto
dei Marchesi Dusmet de Smours
dell'Ordine di S. Benedetto
della Congregazione Cassinese
già Abate
del Monastero di S. Nicola all'Arena
ora
per Grazia di Dio e della Sede Apostolica
Arcivescovo di Catania
All'ordine dei canonici, ai curatori delle anime
Al clero tutto secolare e regolare, alle sacre vergini
Agli ottimati ed al popolo della sua Arcidiocesi
Pace e salute nel Signore
dei Marchesi Dusmet de Smours
dell'Ordine di S. Benedetto
della Congregazione Cassinese
già Abate
del Monastero di S. Nicola all'Arena
ora
per Grazia di Dio e della Sede Apostolica
Arcivescovo di Catania
All'ordine dei canonici, ai curatori delle anime
Al clero tutto secolare e regolare, alle sacre vergini
Agli ottimati ed al popolo della sua Arcidiocesi
Pace e salute nel Signore
Sanguinava ancora la dolorosa ferita cagionataci dalla dispersione dei nostri dilettissimi confratelli, coi quali ci era stata buona cosa e gioconda vivere per oltre otto anni nell'unità della pace; già ci apprestavamo a riparare sotto un tetto ospitale, offertoci dalla nobile carità di un ecclesiastico a voi ben noto, quando ci pervenne la chiamata del Supremo Gerarca che ci destinava a reggere codesta Chiesa.
Provammo, il confessiamo, provammo nell'animo un istante di esitazione e di sconforto. In quell'istante sentivamo soltanto il pochissimo che siamo, la gravità dell'ufficio, la malagevolezza dei tempi, la risponsabilità che ci addossavamo davanti a Dio e agli uomini.
Tutto questo sentimmo e trepidammo. Ma vedemmo d'altra parte che col ricusarci in sì difficile congiuntura, saremmo stati colpevoli di aver rimosso dalle nostre labbra il calice di amarezza, lasciando il Padre dei fedeli a trangugiarlo egli solo; e comprendemmo tutta la viltà del rifiuto.
Pertanto movemmo dalla cella incerti tra il sì e il no che tenzonavaci nella mente riserbandoci d'ispirarci e risolvere nella terra dei santi, nel suolo bagnato dal sangue del Principe degli Apostoli.
Vi giungemmo, ed ecco caderci sottocchi decisivamente opportune le seguenti parole profferite dal Sovrano Pontefice: "E' cosa tutt'altra che grata il destinare Vescovo a queste Sedi, specialmente in tanta distretta delle pubbliche cose. Ma che perciò? Dunque ci lasceremo svolgere dal nostro dovere? Dio ce ne liberi! Vadano gli agricoltori alla vigna piantata da Dio, vadano a coltivarla in nome di Gesù Cristo". Non appena lette queste righe ponemmo giù le dubbiezze; accettammo Noi stessi con tutte le nostre miserie; la strada ingombra di triboli e spine spianarcisi sotto i piedi; nella vastità stessa impostaci dalla novella carica attingemmo tanto che bastasse a rialzare il nostro coraggio. E quando la benedizione di quest'Uomo venerabile ci scendeva sul capo, quando Egli con angelico sorriso approvava la prontezza della nostra adesione, e confortataci a sperare; oh in quel punto avemmo quasi a subire una trasformazione; ci si rivelò quel che erasi abbuiato nella nostra mente, cioè il Signore spesso eleggere i dappoco a compiere le grandi imprese, perché più spiccata apparisse l'onnipotenza sua; sicché ringraziammo di gran cuore Dio benedetto di non esserci rifiutati, e ci affrettammo a compiere il sacro rito dell'inaugurazione. Da quel dì unico nostro pernsiero fu di volgerci a voi.
Prostrati a tal fine sulla tomba di Pietro abbiam pregato ardentemente il Signore, di voler suggerirci una parola improntata di attualità, una parola non dotta ma cordiale, adattata alle condizioni nostre e della Arcidiocesi amatissima, una parola che accennasse al nostro Clero senza misteri e senza veli le norme da seguire, e rassicurasse il nostro popolo che in cima ai nostri affetti sta esso solo. Questa parola Noi ve la trasmettiamo nel nome santo di Dio: deh ricevetela!
La nostra bandiera, che siam sicuri sarà quella di voi, rispettabili sacerdoti, è la concordia. E' dessa la prima delle tre cose che sono approvate da Dio e dagli uomini. In tribus placitum est spiritui meo, quae sunt probata coram Deo et hominibus, concordia fratrum.
Salutatela, fratelli miei dilettissimi, questa bandiera, salutatela con l'entusiasmo dei veri credenti. Nella concordia è la verità, nella concordia è la forza, nella concordia è la felicità. Nello scudo messo in fronte alla presente nostra lettera volemmo innestare le armi dell'Ordine di S. Benedetto anche a questo scopo, che il motto ond'é fregiato lo stemma glorioso della non mai dimenticata Congregazione Cassinese servisse a ricordarvi, che senza pace non v'ha bene possibile.
In quanto a Noi, credetecelo venerabili fratelli, nella piena cognizione del nostro nulla, ringraziamo pure la Provvidenza d'averci accordato un petto così largo da contenere voi tutti. In questo petto eccezion di persone non è, né sarà mai. In questo petto non solo i figli, i fratelli, i perseguitati, gli amici, bensì i nemici, i detrattori, i malevoli (se per avventura ve ne fossero) avranno sempre un posto.
Ed ove per debolezza d'intelligenza in taluno dei nostri giudizi ci accadesse di errare o travedere, non temeremo d'accogliere con paterna premura i giusti reclami, e conosciuta la verità di risarcire senza indugio. Farem sì che il comando non divenga giammai una oppressione, né l'ubbidienza giammai una servitù. Ritrattare i propri errori non reputiamo vergogna; abnegare se stesso, rivenire sui propri passi è vero coraggio.
Sì, dilettissimi, Noi e voi, abbiamo qualcosa da perdonare e da essere perdonata. Immoliamo appiè del Crocifisso ogni interesse personale, ogni risentimento, ogni torto. Stendiamoci la mano, gettiamoci l'un l'altro le braccia al collo, giuriamoci amicizia da non finire che colla morte. E' questa la prima grazia che vi chiede il vostro novello pastore: chi vorrebbe negargliela? Siam Noi i primi che ve ne diamo l'esempio, che ci prostriamo ai piedi di ciascuno, ed a ciascuno chiediamo persono per parte di coloro che avessero potuto recargli oltraggio.
Ah brilli pure la Chiesa di Catania quale ai tempi di Berillo e di Leone, brilli come stella in notte serena! Niuna nube passi più su di essa a soffiarvi vento men puro che turbi le vicendevoli relazioni, raffreddi gli animi, importi la reciproca diffidenza.
Facciasi di contribuire coll'esempio dell'unione fra noi alla concordia delle famiglie di codesta bellissima fra le città. Bando alle ire, ai rancori, alle gare; pace, pace, pace!
Persuadetevene, fratelli. A conciliarvi la pubblica stima, a menar vita meno travagliata altro mezzo non v'ha, che star contenti alle dolcezze del vostro stato senza cercarne altrove, senza spandervi al di fuori, tenendovi strettamente uniti fra voi. L'atmosfera della politica, delle assemblee, dei partiti, delle dissenzioni non è respirabile dal ceto ecclesiastico. Farsi tirare a rimorchio dai capricci delle opinioni e dalla versatilità delle umane teoriche non si addice ad uomini collocati faccia a faccia all'eternità.
Elevarsi al di sopra dei terreni avvenimenti, dissetarsi alla sorgente delle divine grazie, collocarsi nel centro della luce, tale è il compito del Sacerdozio. Se il Sacerdote confonderà alla solenne tranquillità del cielo lo strepito assordante della terra, se scenderà a turbinarsi nell'arena delle lotte, se seguirà il vessillo dei figli del secolo, se parteciperà il programma e le passioni della piazza, gli applaudiranno oggi per vortargli ahimé! le spalle dimani, e dopo aver perduto Dio la sola mercede che egli abbia ad aspettarsi sarà senza meno il disprezzo e le beffe.
Lontani dunque, lontani dal secolo che oggi più di mai pur troppo va di traverso. Lontani abbiam detto, non separati, non intrattabili, non sordi e ciechi sulle necessità di questi stessi figli del secolo agitati ed agitatori ad un tempo. No, miei fratelli, mille volte no: in un'epoca d'indifferenza religiosa e sociale è mestieri si rinnovino alla giornata i prodigi di carità cristiana segnata ad ogni pagina degli annali della Chiesa Cattolica.
Spesse volte questi poveri illusi avran bisogno di voi; per loro e per quanti vi avranno fatto e vi faranno male i vostri aiuti, le vostre sostanze, il vostro affetto, tutti voi! Breve: complici e legati con loro no, mai! Pronti a far loro bene sì, sempre!
Esortandovi a non barattare il vostro sacro carattere con quello di politici, di mestatori e simili, Noi non intendiamo inibirvi di conservare con le autorità governative i rapporti necessari; invece è nostro desiderio che essi sien mantenuti lealmente ed onoratamente. Non sia di voi il creare imbarazzi ed ostacoli al buono andamento della cosa pubblica. Stranieri alla riprovata teoria che il fine giustifica i mezzi vogliate pure alle occorrenze stimmatizzare e respingere qualunque sforzo, qualunque massima, che sotto specie di miglier bene porti seco il tubramento dell'ordine. Ricordatevi di esser discepoli di Colui che clandestinamente nulla operò, nulla disse; le tenebre mal convengono ai figli della luce. Che se i diritti e le leggi di Santa Chiesa, cui giuraste ubbidire, esigessero difesa, fatela senza paure codarde, senza esorbitanze, senza sconfinare dal buono, dal giusto, dal retto, dall'onesto, fatela con riverente semplicità, per convincimento, con tale urbanità, con tale bel garbo da sforzare i vostri avversari a rispettarvi, staremmo per dirvi ad amarvi.
Permetteteci al proposito una non inutile reminiscenza. Non è per trattenervi di Noi che la evochiamo, ma sì per confortare di un esempio ancor fresco il nostro assunto. Più d'una fiata in questi tempi fortunosi ci fu forza contraddire, e protestare, e negarci ad esigenze ripugnanti alle leggi della Chiesa. Ebbene, adempiemmo a tal dovere senza ambragi, con la dignità del carattere sacerdotale e coll'umiltà della cocolla, fermi sul terreno dei principi. Che ne avvenne? Gli oppositori furon ragionevoli e sinceri, e Noi cogliamo la presente occasione per porger loro i nostri ringraziamenti; essi compresero che camminar d'accordo su quel terreno non ci era in nessuna guisa possibile, e che altrimenti comportandoci saremmo stati vigliacchi e spergiuri. La nostra coscienza restò quieta, i diritti della Chiesa restarono saldi, e i riguardi di quei signori non ci venner meno, si accrebbero.
Ritenetelo, fratelli, è il vostro Arcivescovo che ne assicura; la franchezza e il coraggio delle proprie opnioni non richiedono, rigettano anzi il rancore, l'odio, la gofferia e l'opposizione per interesse e per sistema. Difendete la Chiesa, il nostro santo Pontefice, i nostri altari, in nostri dommi, i nostri santi, le nostre pie credenze, ma sine ira et studio, ma senza offendere, ma separando la persona dalle non diritte opinioni, ma perdonando, ma esortando, ma pregando, colla croce in mano, col cuore nell'altra. Ritenetelo, ripetiamo. Il passato risponde dell'avvenire; con questa condotta procederete sicuri.
Tali sono i punti che importava anzitutto segnalare alla vostra attenzione. Dei rimanenti e molteplici obblighi dei ministri del santuario, dei mezzi di attuare per sollevarci all'altezza della nostra missione, dei lavori da imprendere nella vigna del Signore non è il tempo di discorrere. Ce ne occuperemo tornati tra voi, e mano mano che l'uopo ne venga.
Molto, Noi lo sappiamo, molto è da farsi; gravissimi ostacoli potremo forse incontrare per via; potrà esservi per avventura chi vorrà lottare e resistere contro ogni tentativo di miglioramento, pago abbastanza se non di guadagnare la vittoria di prolungare il combattimento; potrà esservi tra i buoni più d'uno corrivo al biasimo, che non facendo ragione ai tempi, ai luoghi, alle opportunità, pretenderà che s'irrompa con violenza contro gli erranti, e però condannerà la pacata e longanime aspettazione; ma tutto questo non ci disanima. Se tal caso avvenisse, affronteremmo la situazione con tutto il treno delle difficoltà che la rendono malagevole. Basterà a Noi il pensiero che Dio ci ha chiamati; al resto non penseremo. La popolarità Noi l'amiamo come veicolo a ben fare, ma più della popolarità amiamo il trionfo del vero, lo zelo della disciplina, il testimonio della buona coscienza. Con siffatta idea impressa nel nostro spirito, anche fra le più forti e deplorabili contradizioni ci troveremo sempre bene. In quell'ora di prova speriamo di non lasciarci abbattere dall'arguzia degli epigrammi, dalla sferza ella satira, dalla oppressione ancora della calunnia; in quell'ora sapete voi che cosa faremo? Prenderemo questa povera anima nostra amareggiata e contrita dalle opposizioni, andremo ad immergerla nei sacri cuori di Gesù e di Maria, e riponendo in loro tutta la nostra confidenza no non ci mancherà il successo.
Ma dove ci siam lasciati trascorrere? La pienezza della nostra fiducia nel Signore trascinataci ad una ipotesi la più desolante, quella di una resistenza da parte vostra ai nostri avvertimenti. No, havvi in voi, il sappiamo per esperienza, havvi tanta pietà, tanta fede da riaccendere il fuoco sacro che qualche maceria e un pò di poltiglia han coperto. Voi possedete tanto buon senso, tanta luce d'intelletto, tanta bontà di animo da non dilungarvi una sola linea dagli avvisi e dalle intenzioni del vostro pastore.
Fiduciosi per conseguenza che voi da primo all'ultimo risponderete alle nostre speranze, non abbiamo che a soggiungervi con un illustre Pontefice: Nunc igitur illa consolatio nos una sustentat, quod vos socios nobis et adjutores Deus dederit, ac suo ipsius spiritu abunde repleverit, ut nos jam Dei ope primum virtuteque confisi, singulari deinde quo flagratis vestri muneris obeundi studio, vestraque freti sapientia, plurimum de nostra sollicitudine ademptum esse arbitremur.
Esternati i nostri sentimenti al clero nobilissimo di codesta Archidiocesi, passiamo ad intertenerci col buon popolo di essa. Distinguiamo due ordini. Alle classi elevate del nostro gregge, alla classe soprattutto che discute, e scrive, e cammina sempre e non arriva mai a quel meglio dietro cui s'infiamma e si precipita a capofitto, ffacciamo un solo invito. Venite ad me omnes. Le sale del nostro Episcopio sono aperte per voi. Là, se vi piaccia, converseremo insieme. Vi favelleremo apertamente come amico che favella ad amico. O i nostri argomenti non toccheranno il cuor vostro, e benediremo insieme al nome santo di Dio; o vi ostinerete nei vostri sbagli, ed allora da gentiluomini quali siete lascerete al vostro Arcivescovo la piena libertà di difendere e sostenere a visiera alzata i principi ch'Ei rappresenta, e le verità del vangelo sempre antiche e sempre nuove, senza che gli si applichi ad ogni piè sospinto l'intenzione di reagire alla macchia, di subornare la plebe, di dispettare le leggi.
L'altra classe del popolo più numerosa che non discute, non scrive, non comprende le teorie del giorno, ma domanda pane e fede, oh si affidi pure tutta intiera al nostro amore di padre. Sin quando avremo un panettello, Noi lo divideremo col povero. La nostra porta per ogni misero che soffra sarà sempre aperta. L'orario che ordineremo affiggersi all'ingresso dell'Episcopio sarà che gl'indigenti a preferenza entrino in tutte l'ore. Un soccorso, ed ove i mezzi ci manchino, un conforto, una parola di affetto l'avranno tutti e sempre.
Ma la fede...ah! Il nostro buon popolo vuol conservata la fede, e incombe a Noi che la gli si conservi. A quest'oggetto e a nessun altro Dio ci ha disposti sentinella avanzata sugli spaldi d'Israello. Inculcheremo quindi senza posa mai che, rendendosi a Cesare quel ch'è di Cesare, si renda intieramente a Dio quel ch'è di Dio. Non tollereremo per un istante solo una Religione aulica, officiale, rotiniera, la quale soffochi sul labbro la verità, inceppi ogni movimento, e infeudi a profitto dello Stato la giurisidzione ecclesiastica. Manterremo sempre stretti i nodi tra i figli e la Madre, tra le Chiese particolari e la Chiesa Romana. Dipenderemo dal menomo cenno del Successore di Pietro; a Lui come a centro e Maestro avrem ricorso nelle dubbiezze e nei problemi difficili a risolvere. E più per vie oblique si studierà il secolo di scuotere ogni soggezione verso il Capo della Chiesa e rompere l'armonia dell'insieme, più si moltiplicherà il numero degli sleali e degli stolti che dipingono la Santa Sede quale usurpatrice perseverante ed instancabile dei diritti altrui; più Noi ci adopereremo con tutti i nervi, perché codesta parte di Sicilia affidata alle nostre cure sia nel Domma, nella Morale, nella Disciplina, nel Giusto, in tutto e per tutto anima, mente e cuore cottolica apostolica romana. E lo sarà! Perocchè la verità del Signore non andrà via da codeste contrade consacrate dal sangue di S. Agata.
Intorno ad essa verità mi approprio i concetti d'un Vescovo di Francia, tutto forse cambierà, tutto si trasfrormerà, tutto verrà meno; le più solide fortune, i sistemi più accreditati tutto passerà, tutto andrà a frangersi, ed essa starà. Veritas Domini manet in aeternum. Alle vicissitudini delle teorie, al rigore omicida del tempo essa resisterà. Essa coprirà sempre con una delle sue ali la culla catanese, coll'altra ne proteggerà la tomba.
Venerabili fratelli e figli dilettissimi in Gesà Cristo dati a Noi dal Signore in partem et haereditatem, affrettando coi nostri desideri l'ora felice che ci riunisca a voi, concedeteci di stringervi in ispirito tutti al seno, e di mandarvi sentitamente un saluto.
Un saluto a' membri distinti del Capitolo Arcivescovile, i quali ci onoriamo appellare coadiutori carissimi, ed in cui siam certi di trovare una partecipazione affettuosa alle nostre fatiche, un sollievo al formidabile peso che ci gravita sulle spalle.
Un saluto ai membri insigni del Capitolo della Collegiata Chiesa di S. Maria della Limosina, ed agli altri Capitoli della Nostra Archidiocesi per molti titoli commendevoli.
Un saluto ai preposti alla cura delle anime ed ai singoli sacerdoti augurandoci trovarli quali furon sempre disinteressanti ed integri.
Un saluto ed una lagrima a quei poveri religiosi che strappati all'amplesso di Rachele, alle delizie della vita monastica vivono nella massima parte tuttora raminghi, e mangiano il pane del dolore. Ai medesimi manifesteremo sempre mai quel rispetto e quella premura, che ogni anima bennata non potrà non sentire.
Un saluto ed una lagrima a quelle Vergini desolate che nel silenzio della loro solitudine piangono, pregano e sperano la conservazione di quel ricetto dove coll'aiuto di Dio ricoverarono a vivere e morire nel bacio dello Spirito santo.
Un saluto a' cari giovani addetti alla carriera ecclesiastica, a questa bella speranza del nostro avvenire, i quali guarderemo e custodiremo come la pupilla dell'occhio.
Un saluto a tutte le classi, nobiltà, borghesia, e popolo di codesta illustre città, verso i quali abbiamo debito incancellabile di gratitudine per le tante dimostrazioni d'affetto prodigateci sono circa cinque mesi. In quei giorni di dolore ineffabile fu gran sollievo alla traboccante ambascia il vedere in ciascun catanese un amico, un fratello. In quei giorni salutammo Catania nostra seconda patria, ed oggi ci gode l'animo poter soggiungere che essa lo sarà per sempre.
Che Dio la difenda e la prosperi nei suoi interessi, nei suoi incrementi, nei suoi consorzi, nelle sue scientifiche e letterarie celebrità, e più d'ogni altro nella sua Religione!
Noi riponiamo col Santo Padre dei fedeli tutta la Nostra fiducia nel sangue prezioso di Gesù Cristo e nel patrocinio della Madre di Dio la quale potrà darci potentissimo aiuto. Sede della sapienza Essa riempirà il pastore del lume dell'intelletto; rifugio dei peccatori ridurrà molti facilmente dalla via dell'errore; consolatrice degli afflitti addolcirà le sciagure di tanti; aiuto dei cristiani ci concilierà l'ossequio e la riverenza figliale di molti.
Perché poi su' bisogni speciali della Nostra Archidiocesi ci sia sempre pronto il patrocinio dei santi, all'inclita vostra Concittadina, gloria precipua della Chiesa, delizia dei vostri cuori, vostro gaudio, vostra speranza, vostra tutela, vostro conforto, ed alla quale anche noi ci votammo da più tempo, aggiungeremo lo Sposo potentissimo di Maria, ed un terzo che non preteriremmo senza colpa, il nostro gran Patriarca.
Con questa triplice difesa, con S. Agata con S. Giuseppe e con S. Benedetto Noi e voi non temeremo incursione di sorta, riposeremo tranquilli.
Non sapremmo metter fine alla presente lettera senza darvi un annunzio che a figli affettuosi della Santa Chiesa cattolica che non puà a meno di riuscire sopra ogni altro gradito. Il Santo Padre, che Dio conservi lunghi anni, ci ha parlato di voi con effusione di cuore. Che i vostri buoni diocesani, Egli ci ha detto, preghino caldamente per la Chiesa e per Noi!
Ai desideri di tanto Padre con che ardore e compiacenza non dovrete voi rispondere? E Noi siamo ben lieti che il primo atto di nostra giurisdizione su codesta Archidiocesi sia di disporre, come disponiamo, la Colletta pro Papa nella Messa da mantenersi sino a diversa disposizione.
Fratelli e figli dilettissimi, Dio vi guarda, la Chiesa attende molto da voi. Noi sollecitiamo indistintamente da tutti quella cooperazione che promuove le imprese, e quella forza che le sostiene. Pregate, deh! pregate con efficacia il soccorso della grazia celeste sul nuovo vostro pastore. Un vescovo non potrà essere buono o cattivo senza che alcuna conseguenza non ne derivi al suo popolo; sicché, voi il vedete bene, implorando per Noi i potenti e salutari soccorsi del cielo, voi non farete che implorarli per voi stessi. Le benedizioni che il Signore mediante i vostri voti spenderà sul nostro capo saranno le vostre.
Un giorno, presto o tardi lo sa Dio, voi verrete a circondare il nostro letto di morte. Qual non sarà la pienezza della nostra gioia, se in quel dì, ci sarà dato licenziarci da voi, lieti di lasciarvi nel regno della pace, della carità, della fede, dove molti sono uno, dove ogni cosa si possiede in comune, anime, pensieri, combattimenti, palme e Dio!
Oh allora si rianimeranno le membra intorpidite del vostro pastore, le pupille offuscate si rischiareranno, tornerà sulle pallide guance il color della vita, gli affetti più teneri riprenderanno l'impero sul suo cuore commosso. Con parole smozzicate, interrotte da singulti, egli vi ringrazierà dal fondo dell'anima, perché dopo il soccorso dall'alto avrà dovuto alla vostra docilità al vostro zelo quel bene che sarà fatto, e con la fronte serena si staccherà da voi lieto di poter dire: Muoio contento; i miei figli non formano che un cuor solo ed un'anima sola nell'unità della fede.
Possa Dio non guardando ai nostri peccati accogliere questo ardentissimo e sincerissimo voto, e dopo avervi donata questa concordia di voleri, questa carità senza limiti, questa fede incrollabile, custodirvele gelosamente! Voglia Egli concedervi a tal uopo la più larga e copiosa benedizione, della quale sia pur caparra questa che Noi oggi perduti nella polvere di tutto cuore v'impartiamo in nome della Santissima Trinità. Benedictio Dei omnipotentis Patris et Filii et Spiritus Sancti descendat super vos et maneat sempre.
Dato in Roma fuori la porta Ostiense a' dì 14 Marzo 1867
+ Giuseppe B.o Dusmet, Cassinese
Provammo, il confessiamo, provammo nell'animo un istante di esitazione e di sconforto. In quell'istante sentivamo soltanto il pochissimo che siamo, la gravità dell'ufficio, la malagevolezza dei tempi, la risponsabilità che ci addossavamo davanti a Dio e agli uomini.
Tutto questo sentimmo e trepidammo. Ma vedemmo d'altra parte che col ricusarci in sì difficile congiuntura, saremmo stati colpevoli di aver rimosso dalle nostre labbra il calice di amarezza, lasciando il Padre dei fedeli a trangugiarlo egli solo; e comprendemmo tutta la viltà del rifiuto.
Pertanto movemmo dalla cella incerti tra il sì e il no che tenzonavaci nella mente riserbandoci d'ispirarci e risolvere nella terra dei santi, nel suolo bagnato dal sangue del Principe degli Apostoli.
Vi giungemmo, ed ecco caderci sottocchi decisivamente opportune le seguenti parole profferite dal Sovrano Pontefice: "E' cosa tutt'altra che grata il destinare Vescovo a queste Sedi, specialmente in tanta distretta delle pubbliche cose. Ma che perciò? Dunque ci lasceremo svolgere dal nostro dovere? Dio ce ne liberi! Vadano gli agricoltori alla vigna piantata da Dio, vadano a coltivarla in nome di Gesù Cristo". Non appena lette queste righe ponemmo giù le dubbiezze; accettammo Noi stessi con tutte le nostre miserie; la strada ingombra di triboli e spine spianarcisi sotto i piedi; nella vastità stessa impostaci dalla novella carica attingemmo tanto che bastasse a rialzare il nostro coraggio. E quando la benedizione di quest'Uomo venerabile ci scendeva sul capo, quando Egli con angelico sorriso approvava la prontezza della nostra adesione, e confortataci a sperare; oh in quel punto avemmo quasi a subire una trasformazione; ci si rivelò quel che erasi abbuiato nella nostra mente, cioè il Signore spesso eleggere i dappoco a compiere le grandi imprese, perché più spiccata apparisse l'onnipotenza sua; sicché ringraziammo di gran cuore Dio benedetto di non esserci rifiutati, e ci affrettammo a compiere il sacro rito dell'inaugurazione. Da quel dì unico nostro pernsiero fu di volgerci a voi.
Prostrati a tal fine sulla tomba di Pietro abbiam pregato ardentemente il Signore, di voler suggerirci una parola improntata di attualità, una parola non dotta ma cordiale, adattata alle condizioni nostre e della Arcidiocesi amatissima, una parola che accennasse al nostro Clero senza misteri e senza veli le norme da seguire, e rassicurasse il nostro popolo che in cima ai nostri affetti sta esso solo. Questa parola Noi ve la trasmettiamo nel nome santo di Dio: deh ricevetela!
La nostra bandiera, che siam sicuri sarà quella di voi, rispettabili sacerdoti, è la concordia. E' dessa la prima delle tre cose che sono approvate da Dio e dagli uomini. In tribus placitum est spiritui meo, quae sunt probata coram Deo et hominibus, concordia fratrum.
Salutatela, fratelli miei dilettissimi, questa bandiera, salutatela con l'entusiasmo dei veri credenti. Nella concordia è la verità, nella concordia è la forza, nella concordia è la felicità. Nello scudo messo in fronte alla presente nostra lettera volemmo innestare le armi dell'Ordine di S. Benedetto anche a questo scopo, che il motto ond'é fregiato lo stemma glorioso della non mai dimenticata Congregazione Cassinese servisse a ricordarvi, che senza pace non v'ha bene possibile.
In quanto a Noi, credetecelo venerabili fratelli, nella piena cognizione del nostro nulla, ringraziamo pure la Provvidenza d'averci accordato un petto così largo da contenere voi tutti. In questo petto eccezion di persone non è, né sarà mai. In questo petto non solo i figli, i fratelli, i perseguitati, gli amici, bensì i nemici, i detrattori, i malevoli (se per avventura ve ne fossero) avranno sempre un posto.
Ed ove per debolezza d'intelligenza in taluno dei nostri giudizi ci accadesse di errare o travedere, non temeremo d'accogliere con paterna premura i giusti reclami, e conosciuta la verità di risarcire senza indugio. Farem sì che il comando non divenga giammai una oppressione, né l'ubbidienza giammai una servitù. Ritrattare i propri errori non reputiamo vergogna; abnegare se stesso, rivenire sui propri passi è vero coraggio.
Sì, dilettissimi, Noi e voi, abbiamo qualcosa da perdonare e da essere perdonata. Immoliamo appiè del Crocifisso ogni interesse personale, ogni risentimento, ogni torto. Stendiamoci la mano, gettiamoci l'un l'altro le braccia al collo, giuriamoci amicizia da non finire che colla morte. E' questa la prima grazia che vi chiede il vostro novello pastore: chi vorrebbe negargliela? Siam Noi i primi che ve ne diamo l'esempio, che ci prostriamo ai piedi di ciascuno, ed a ciascuno chiediamo persono per parte di coloro che avessero potuto recargli oltraggio.
Ah brilli pure la Chiesa di Catania quale ai tempi di Berillo e di Leone, brilli come stella in notte serena! Niuna nube passi più su di essa a soffiarvi vento men puro che turbi le vicendevoli relazioni, raffreddi gli animi, importi la reciproca diffidenza.
Facciasi di contribuire coll'esempio dell'unione fra noi alla concordia delle famiglie di codesta bellissima fra le città. Bando alle ire, ai rancori, alle gare; pace, pace, pace!
Persuadetevene, fratelli. A conciliarvi la pubblica stima, a menar vita meno travagliata altro mezzo non v'ha, che star contenti alle dolcezze del vostro stato senza cercarne altrove, senza spandervi al di fuori, tenendovi strettamente uniti fra voi. L'atmosfera della politica, delle assemblee, dei partiti, delle dissenzioni non è respirabile dal ceto ecclesiastico. Farsi tirare a rimorchio dai capricci delle opinioni e dalla versatilità delle umane teoriche non si addice ad uomini collocati faccia a faccia all'eternità.
Elevarsi al di sopra dei terreni avvenimenti, dissetarsi alla sorgente delle divine grazie, collocarsi nel centro della luce, tale è il compito del Sacerdozio. Se il Sacerdote confonderà alla solenne tranquillità del cielo lo strepito assordante della terra, se scenderà a turbinarsi nell'arena delle lotte, se seguirà il vessillo dei figli del secolo, se parteciperà il programma e le passioni della piazza, gli applaudiranno oggi per vortargli ahimé! le spalle dimani, e dopo aver perduto Dio la sola mercede che egli abbia ad aspettarsi sarà senza meno il disprezzo e le beffe.
Lontani dunque, lontani dal secolo che oggi più di mai pur troppo va di traverso. Lontani abbiam detto, non separati, non intrattabili, non sordi e ciechi sulle necessità di questi stessi figli del secolo agitati ed agitatori ad un tempo. No, miei fratelli, mille volte no: in un'epoca d'indifferenza religiosa e sociale è mestieri si rinnovino alla giornata i prodigi di carità cristiana segnata ad ogni pagina degli annali della Chiesa Cattolica.
Spesse volte questi poveri illusi avran bisogno di voi; per loro e per quanti vi avranno fatto e vi faranno male i vostri aiuti, le vostre sostanze, il vostro affetto, tutti voi! Breve: complici e legati con loro no, mai! Pronti a far loro bene sì, sempre!
Esortandovi a non barattare il vostro sacro carattere con quello di politici, di mestatori e simili, Noi non intendiamo inibirvi di conservare con le autorità governative i rapporti necessari; invece è nostro desiderio che essi sien mantenuti lealmente ed onoratamente. Non sia di voi il creare imbarazzi ed ostacoli al buono andamento della cosa pubblica. Stranieri alla riprovata teoria che il fine giustifica i mezzi vogliate pure alle occorrenze stimmatizzare e respingere qualunque sforzo, qualunque massima, che sotto specie di miglier bene porti seco il tubramento dell'ordine. Ricordatevi di esser discepoli di Colui che clandestinamente nulla operò, nulla disse; le tenebre mal convengono ai figli della luce. Che se i diritti e le leggi di Santa Chiesa, cui giuraste ubbidire, esigessero difesa, fatela senza paure codarde, senza esorbitanze, senza sconfinare dal buono, dal giusto, dal retto, dall'onesto, fatela con riverente semplicità, per convincimento, con tale urbanità, con tale bel garbo da sforzare i vostri avversari a rispettarvi, staremmo per dirvi ad amarvi.
Permetteteci al proposito una non inutile reminiscenza. Non è per trattenervi di Noi che la evochiamo, ma sì per confortare di un esempio ancor fresco il nostro assunto. Più d'una fiata in questi tempi fortunosi ci fu forza contraddire, e protestare, e negarci ad esigenze ripugnanti alle leggi della Chiesa. Ebbene, adempiemmo a tal dovere senza ambragi, con la dignità del carattere sacerdotale e coll'umiltà della cocolla, fermi sul terreno dei principi. Che ne avvenne? Gli oppositori furon ragionevoli e sinceri, e Noi cogliamo la presente occasione per porger loro i nostri ringraziamenti; essi compresero che camminar d'accordo su quel terreno non ci era in nessuna guisa possibile, e che altrimenti comportandoci saremmo stati vigliacchi e spergiuri. La nostra coscienza restò quieta, i diritti della Chiesa restarono saldi, e i riguardi di quei signori non ci venner meno, si accrebbero.
Ritenetelo, fratelli, è il vostro Arcivescovo che ne assicura; la franchezza e il coraggio delle proprie opnioni non richiedono, rigettano anzi il rancore, l'odio, la gofferia e l'opposizione per interesse e per sistema. Difendete la Chiesa, il nostro santo Pontefice, i nostri altari, in nostri dommi, i nostri santi, le nostre pie credenze, ma sine ira et studio, ma senza offendere, ma separando la persona dalle non diritte opinioni, ma perdonando, ma esortando, ma pregando, colla croce in mano, col cuore nell'altra. Ritenetelo, ripetiamo. Il passato risponde dell'avvenire; con questa condotta procederete sicuri.
Tali sono i punti che importava anzitutto segnalare alla vostra attenzione. Dei rimanenti e molteplici obblighi dei ministri del santuario, dei mezzi di attuare per sollevarci all'altezza della nostra missione, dei lavori da imprendere nella vigna del Signore non è il tempo di discorrere. Ce ne occuperemo tornati tra voi, e mano mano che l'uopo ne venga.
Molto, Noi lo sappiamo, molto è da farsi; gravissimi ostacoli potremo forse incontrare per via; potrà esservi per avventura chi vorrà lottare e resistere contro ogni tentativo di miglioramento, pago abbastanza se non di guadagnare la vittoria di prolungare il combattimento; potrà esservi tra i buoni più d'uno corrivo al biasimo, che non facendo ragione ai tempi, ai luoghi, alle opportunità, pretenderà che s'irrompa con violenza contro gli erranti, e però condannerà la pacata e longanime aspettazione; ma tutto questo non ci disanima. Se tal caso avvenisse, affronteremmo la situazione con tutto il treno delle difficoltà che la rendono malagevole. Basterà a Noi il pensiero che Dio ci ha chiamati; al resto non penseremo. La popolarità Noi l'amiamo come veicolo a ben fare, ma più della popolarità amiamo il trionfo del vero, lo zelo della disciplina, il testimonio della buona coscienza. Con siffatta idea impressa nel nostro spirito, anche fra le più forti e deplorabili contradizioni ci troveremo sempre bene. In quell'ora di prova speriamo di non lasciarci abbattere dall'arguzia degli epigrammi, dalla sferza ella satira, dalla oppressione ancora della calunnia; in quell'ora sapete voi che cosa faremo? Prenderemo questa povera anima nostra amareggiata e contrita dalle opposizioni, andremo ad immergerla nei sacri cuori di Gesù e di Maria, e riponendo in loro tutta la nostra confidenza no non ci mancherà il successo.
Ma dove ci siam lasciati trascorrere? La pienezza della nostra fiducia nel Signore trascinataci ad una ipotesi la più desolante, quella di una resistenza da parte vostra ai nostri avvertimenti. No, havvi in voi, il sappiamo per esperienza, havvi tanta pietà, tanta fede da riaccendere il fuoco sacro che qualche maceria e un pò di poltiglia han coperto. Voi possedete tanto buon senso, tanta luce d'intelletto, tanta bontà di animo da non dilungarvi una sola linea dagli avvisi e dalle intenzioni del vostro pastore.
Fiduciosi per conseguenza che voi da primo all'ultimo risponderete alle nostre speranze, non abbiamo che a soggiungervi con un illustre Pontefice: Nunc igitur illa consolatio nos una sustentat, quod vos socios nobis et adjutores Deus dederit, ac suo ipsius spiritu abunde repleverit, ut nos jam Dei ope primum virtuteque confisi, singulari deinde quo flagratis vestri muneris obeundi studio, vestraque freti sapientia, plurimum de nostra sollicitudine ademptum esse arbitremur.
Esternati i nostri sentimenti al clero nobilissimo di codesta Archidiocesi, passiamo ad intertenerci col buon popolo di essa. Distinguiamo due ordini. Alle classi elevate del nostro gregge, alla classe soprattutto che discute, e scrive, e cammina sempre e non arriva mai a quel meglio dietro cui s'infiamma e si precipita a capofitto, ffacciamo un solo invito. Venite ad me omnes. Le sale del nostro Episcopio sono aperte per voi. Là, se vi piaccia, converseremo insieme. Vi favelleremo apertamente come amico che favella ad amico. O i nostri argomenti non toccheranno il cuor vostro, e benediremo insieme al nome santo di Dio; o vi ostinerete nei vostri sbagli, ed allora da gentiluomini quali siete lascerete al vostro Arcivescovo la piena libertà di difendere e sostenere a visiera alzata i principi ch'Ei rappresenta, e le verità del vangelo sempre antiche e sempre nuove, senza che gli si applichi ad ogni piè sospinto l'intenzione di reagire alla macchia, di subornare la plebe, di dispettare le leggi.
L'altra classe del popolo più numerosa che non discute, non scrive, non comprende le teorie del giorno, ma domanda pane e fede, oh si affidi pure tutta intiera al nostro amore di padre. Sin quando avremo un panettello, Noi lo divideremo col povero. La nostra porta per ogni misero che soffra sarà sempre aperta. L'orario che ordineremo affiggersi all'ingresso dell'Episcopio sarà che gl'indigenti a preferenza entrino in tutte l'ore. Un soccorso, ed ove i mezzi ci manchino, un conforto, una parola di affetto l'avranno tutti e sempre.
Ma la fede...ah! Il nostro buon popolo vuol conservata la fede, e incombe a Noi che la gli si conservi. A quest'oggetto e a nessun altro Dio ci ha disposti sentinella avanzata sugli spaldi d'Israello. Inculcheremo quindi senza posa mai che, rendendosi a Cesare quel ch'è di Cesare, si renda intieramente a Dio quel ch'è di Dio. Non tollereremo per un istante solo una Religione aulica, officiale, rotiniera, la quale soffochi sul labbro la verità, inceppi ogni movimento, e infeudi a profitto dello Stato la giurisidzione ecclesiastica. Manterremo sempre stretti i nodi tra i figli e la Madre, tra le Chiese particolari e la Chiesa Romana. Dipenderemo dal menomo cenno del Successore di Pietro; a Lui come a centro e Maestro avrem ricorso nelle dubbiezze e nei problemi difficili a risolvere. E più per vie oblique si studierà il secolo di scuotere ogni soggezione verso il Capo della Chiesa e rompere l'armonia dell'insieme, più si moltiplicherà il numero degli sleali e degli stolti che dipingono la Santa Sede quale usurpatrice perseverante ed instancabile dei diritti altrui; più Noi ci adopereremo con tutti i nervi, perché codesta parte di Sicilia affidata alle nostre cure sia nel Domma, nella Morale, nella Disciplina, nel Giusto, in tutto e per tutto anima, mente e cuore cottolica apostolica romana. E lo sarà! Perocchè la verità del Signore non andrà via da codeste contrade consacrate dal sangue di S. Agata.
Intorno ad essa verità mi approprio i concetti d'un Vescovo di Francia, tutto forse cambierà, tutto si trasfrormerà, tutto verrà meno; le più solide fortune, i sistemi più accreditati tutto passerà, tutto andrà a frangersi, ed essa starà. Veritas Domini manet in aeternum. Alle vicissitudini delle teorie, al rigore omicida del tempo essa resisterà. Essa coprirà sempre con una delle sue ali la culla catanese, coll'altra ne proteggerà la tomba.
Venerabili fratelli e figli dilettissimi in Gesà Cristo dati a Noi dal Signore in partem et haereditatem, affrettando coi nostri desideri l'ora felice che ci riunisca a voi, concedeteci di stringervi in ispirito tutti al seno, e di mandarvi sentitamente un saluto.
Un saluto a' membri distinti del Capitolo Arcivescovile, i quali ci onoriamo appellare coadiutori carissimi, ed in cui siam certi di trovare una partecipazione affettuosa alle nostre fatiche, un sollievo al formidabile peso che ci gravita sulle spalle.
Un saluto ai membri insigni del Capitolo della Collegiata Chiesa di S. Maria della Limosina, ed agli altri Capitoli della Nostra Archidiocesi per molti titoli commendevoli.
Un saluto ai preposti alla cura delle anime ed ai singoli sacerdoti augurandoci trovarli quali furon sempre disinteressanti ed integri.
Un saluto ed una lagrima a quei poveri religiosi che strappati all'amplesso di Rachele, alle delizie della vita monastica vivono nella massima parte tuttora raminghi, e mangiano il pane del dolore. Ai medesimi manifesteremo sempre mai quel rispetto e quella premura, che ogni anima bennata non potrà non sentire.
Un saluto ed una lagrima a quelle Vergini desolate che nel silenzio della loro solitudine piangono, pregano e sperano la conservazione di quel ricetto dove coll'aiuto di Dio ricoverarono a vivere e morire nel bacio dello Spirito santo.
Un saluto a' cari giovani addetti alla carriera ecclesiastica, a questa bella speranza del nostro avvenire, i quali guarderemo e custodiremo come la pupilla dell'occhio.
Un saluto a tutte le classi, nobiltà, borghesia, e popolo di codesta illustre città, verso i quali abbiamo debito incancellabile di gratitudine per le tante dimostrazioni d'affetto prodigateci sono circa cinque mesi. In quei giorni di dolore ineffabile fu gran sollievo alla traboccante ambascia il vedere in ciascun catanese un amico, un fratello. In quei giorni salutammo Catania nostra seconda patria, ed oggi ci gode l'animo poter soggiungere che essa lo sarà per sempre.
Che Dio la difenda e la prosperi nei suoi interessi, nei suoi incrementi, nei suoi consorzi, nelle sue scientifiche e letterarie celebrità, e più d'ogni altro nella sua Religione!
Noi riponiamo col Santo Padre dei fedeli tutta la Nostra fiducia nel sangue prezioso di Gesù Cristo e nel patrocinio della Madre di Dio la quale potrà darci potentissimo aiuto. Sede della sapienza Essa riempirà il pastore del lume dell'intelletto; rifugio dei peccatori ridurrà molti facilmente dalla via dell'errore; consolatrice degli afflitti addolcirà le sciagure di tanti; aiuto dei cristiani ci concilierà l'ossequio e la riverenza figliale di molti.
Perché poi su' bisogni speciali della Nostra Archidiocesi ci sia sempre pronto il patrocinio dei santi, all'inclita vostra Concittadina, gloria precipua della Chiesa, delizia dei vostri cuori, vostro gaudio, vostra speranza, vostra tutela, vostro conforto, ed alla quale anche noi ci votammo da più tempo, aggiungeremo lo Sposo potentissimo di Maria, ed un terzo che non preteriremmo senza colpa, il nostro gran Patriarca.
Con questa triplice difesa, con S. Agata con S. Giuseppe e con S. Benedetto Noi e voi non temeremo incursione di sorta, riposeremo tranquilli.
Non sapremmo metter fine alla presente lettera senza darvi un annunzio che a figli affettuosi della Santa Chiesa cattolica che non puà a meno di riuscire sopra ogni altro gradito. Il Santo Padre, che Dio conservi lunghi anni, ci ha parlato di voi con effusione di cuore. Che i vostri buoni diocesani, Egli ci ha detto, preghino caldamente per la Chiesa e per Noi!
Ai desideri di tanto Padre con che ardore e compiacenza non dovrete voi rispondere? E Noi siamo ben lieti che il primo atto di nostra giurisdizione su codesta Archidiocesi sia di disporre, come disponiamo, la Colletta pro Papa nella Messa da mantenersi sino a diversa disposizione.
Fratelli e figli dilettissimi, Dio vi guarda, la Chiesa attende molto da voi. Noi sollecitiamo indistintamente da tutti quella cooperazione che promuove le imprese, e quella forza che le sostiene. Pregate, deh! pregate con efficacia il soccorso della grazia celeste sul nuovo vostro pastore. Un vescovo non potrà essere buono o cattivo senza che alcuna conseguenza non ne derivi al suo popolo; sicché, voi il vedete bene, implorando per Noi i potenti e salutari soccorsi del cielo, voi non farete che implorarli per voi stessi. Le benedizioni che il Signore mediante i vostri voti spenderà sul nostro capo saranno le vostre.
Un giorno, presto o tardi lo sa Dio, voi verrete a circondare il nostro letto di morte. Qual non sarà la pienezza della nostra gioia, se in quel dì, ci sarà dato licenziarci da voi, lieti di lasciarvi nel regno della pace, della carità, della fede, dove molti sono uno, dove ogni cosa si possiede in comune, anime, pensieri, combattimenti, palme e Dio!
Oh allora si rianimeranno le membra intorpidite del vostro pastore, le pupille offuscate si rischiareranno, tornerà sulle pallide guance il color della vita, gli affetti più teneri riprenderanno l'impero sul suo cuore commosso. Con parole smozzicate, interrotte da singulti, egli vi ringrazierà dal fondo dell'anima, perché dopo il soccorso dall'alto avrà dovuto alla vostra docilità al vostro zelo quel bene che sarà fatto, e con la fronte serena si staccherà da voi lieto di poter dire: Muoio contento; i miei figli non formano che un cuor solo ed un'anima sola nell'unità della fede.
Possa Dio non guardando ai nostri peccati accogliere questo ardentissimo e sincerissimo voto, e dopo avervi donata questa concordia di voleri, questa carità senza limiti, questa fede incrollabile, custodirvele gelosamente! Voglia Egli concedervi a tal uopo la più larga e copiosa benedizione, della quale sia pur caparra questa che Noi oggi perduti nella polvere di tutto cuore v'impartiamo in nome della Santissima Trinità. Benedictio Dei omnipotentis Patris et Filii et Spiritus Sancti descendat super vos et maneat sempre.
Dato in Roma fuori la porta Ostiense a' dì 14 Marzo 1867
+ Giuseppe B.o Dusmet, Cassinese
2. La prima omelia ai Catanesi - 11 Aprile 1867
Son poche settimane, nel momento di muovere per la Città Santa, mi confortava a sperare che sarebbe tornata accettevole a questa Arcidiocesi la mia esaltazione, il vedermi accompagnato dai cari addii, dai voti, dai desideri, dalle preghiere di alcuni fra voi.
Oggi, in quest'ora medesima, allo scorgere una moltitudine festevole, plaudente, accalcarsi, pigiarsi attorno al novello Pastore, quella che io portava con me traverso al mare non è più una speranza, è una di quelle certezze che la mente ed il cuore non possono a meno di accogliere con tanta confidenza, quanta gioia e legittima soddisfazione.
Figli miei, deluderò, tradirò io i vostri trasporti, il vostro tripudio, la vostra aspettazione? Mi tramuterò forse per voi in rigido censore, in giudice inesorabile e fiero? Lo affermo senza esitare: No, veramente no.
Io volgo nell'animo ben altri pensieri; io vengo e spero nella divina misericordia esser sempre apportatore di pace: ego cogito cogitationes pacis.
Non per tornaconto, ripeterò alla mia volta, non per boria, non per avidità di ricchezze e di pompe, io mi sobbarcai al Vescovado; io non domandai di essere Vescovo; io mi ci son lasciato fare per tema di disobbedire alla voce di Dio che mi chiamò ad affidarmi le vostre sorti, il vostro perfezionamento.
Oh! se voi sapeste; oh! se ciascuno degli abitanti dell'Arcidiocesi potesse conoscere addentro quanto è ardente il cuore di un Vescovo! La tenerezza materna non agguaglia l'affetto che mette nel cuore di un Vescovo la Grazia che egli riceve nel giorno della sua consacrazione.
Questa grazia, credetemelo, moltiplicherà la mie forze a vostro profitto, mi darà lena, zelo, coraggio pari a gl'immensi miei obblighi. Questa grazia mi farà sollecito del vero vostro bene, della vera vostra floridezza, questa grazia farà si che oltre le glorie scientifiche abbia quest'Atene di Sicilia ad allegrarsi di una gloria più bella e sempre verde, della pietà, cioè sentitamente, davvero praticata.
Per fermo, figli miei dilettissimi in Gesù Cristo, comunque debole io mi sia, la grazia della sacra unzione mi renderà potente a vincere ogni ostacolo.
Io mi farò tutto a tutti, parteciperò alle vostre gioie, alle vostre angoscie, soffrirò la fame, la sete, il caldo, il freddo, ogni sorta di disagio, sarò disposto a qualunque sacrifizio di tal che ove anche mi occorresse, dirò con San Giovanni Crisostomo, di essere caricato di catene pel meglio delle anime vostre, ne sarei ben lieto ed onorato.
Una benedizione particolare di Dio e Dio solo la concede. Questa benedizione io la invocherò oggi, io la pronunzierò sopra la mia novella patria, la bella, la dotta, la gloriosa, la dilettissima, la non mai abbastanza riverita Catania. E' un dono, è un tributo che io intendo a testimonianza dell'amore sviscerato che le professo. Riguardata la indegnità della mia povera persona che ve la impartirà, siffatta benedizione, il vedo, il so, sarebbe ben poco pregevole. Ma deh! non apprezzate tanto in essa l'uomo, quanto il valore del ministero di cui sono investito, valore tutto intrinseco e indipendente dalle qualità personali. E' in virtù dell'impressomi carattere, che il mio braccio si alzerà sopra le vostre teste. E' in virtù dello stesso che la mia s'intreccerà alla mano virginea di Agata Santa, di Lei che l'aprì amorosamente e tante volte, per far cadere sopra queste contrade, fecondate dal suo martirio, immensi benefizi.
Rassicuratevi dunque, figli miei, ed apparecchiatevi a ricevere la benedizione del Padre Vostro, del vostro Pastore. E intanto che egli implorerà a Voi ogni maggior bene, Voi implorate a lui che, come i primi cristiani sulla tomba dei martiri, così egli, sul sepolcro di Agata, vada a ritemprarsi e ad acquistare la luce, la verità, la forza necessaria all'adempimento dei suoi doveri pastorali.
Prostratevi, io già stendo la mano destra e scongiuro la Santissima Trinità a benedirvi copiosamente nell'anima, nel corpo, nelle case, nei figli, nelle famiglie, negli averi, nei campi, nelle scienze, nelle arti, nelle lettere, nelle industrie, nei commerci, nei doni del travaglio e del genio che l'orgoglio perverte e la religione santifica, in tutto insomma che vi appartiene.
Oggi, in quest'ora medesima, allo scorgere una moltitudine festevole, plaudente, accalcarsi, pigiarsi attorno al novello Pastore, quella che io portava con me traverso al mare non è più una speranza, è una di quelle certezze che la mente ed il cuore non possono a meno di accogliere con tanta confidenza, quanta gioia e legittima soddisfazione.
Figli miei, deluderò, tradirò io i vostri trasporti, il vostro tripudio, la vostra aspettazione? Mi tramuterò forse per voi in rigido censore, in giudice inesorabile e fiero? Lo affermo senza esitare: No, veramente no.
Io volgo nell'animo ben altri pensieri; io vengo e spero nella divina misericordia esser sempre apportatore di pace: ego cogito cogitationes pacis.
Non per tornaconto, ripeterò alla mia volta, non per boria, non per avidità di ricchezze e di pompe, io mi sobbarcai al Vescovado; io non domandai di essere Vescovo; io mi ci son lasciato fare per tema di disobbedire alla voce di Dio che mi chiamò ad affidarmi le vostre sorti, il vostro perfezionamento.
Oh! se voi sapeste; oh! se ciascuno degli abitanti dell'Arcidiocesi potesse conoscere addentro quanto è ardente il cuore di un Vescovo! La tenerezza materna non agguaglia l'affetto che mette nel cuore di un Vescovo la Grazia che egli riceve nel giorno della sua consacrazione.
Questa grazia, credetemelo, moltiplicherà la mie forze a vostro profitto, mi darà lena, zelo, coraggio pari a gl'immensi miei obblighi. Questa grazia mi farà sollecito del vero vostro bene, della vera vostra floridezza, questa grazia farà si che oltre le glorie scientifiche abbia quest'Atene di Sicilia ad allegrarsi di una gloria più bella e sempre verde, della pietà, cioè sentitamente, davvero praticata.
Per fermo, figli miei dilettissimi in Gesù Cristo, comunque debole io mi sia, la grazia della sacra unzione mi renderà potente a vincere ogni ostacolo.
Io mi farò tutto a tutti, parteciperò alle vostre gioie, alle vostre angoscie, soffrirò la fame, la sete, il caldo, il freddo, ogni sorta di disagio, sarò disposto a qualunque sacrifizio di tal che ove anche mi occorresse, dirò con San Giovanni Crisostomo, di essere caricato di catene pel meglio delle anime vostre, ne sarei ben lieto ed onorato.
Una benedizione particolare di Dio e Dio solo la concede. Questa benedizione io la invocherò oggi, io la pronunzierò sopra la mia novella patria, la bella, la dotta, la gloriosa, la dilettissima, la non mai abbastanza riverita Catania. E' un dono, è un tributo che io intendo a testimonianza dell'amore sviscerato che le professo. Riguardata la indegnità della mia povera persona che ve la impartirà, siffatta benedizione, il vedo, il so, sarebbe ben poco pregevole. Ma deh! non apprezzate tanto in essa l'uomo, quanto il valore del ministero di cui sono investito, valore tutto intrinseco e indipendente dalle qualità personali. E' in virtù dell'impressomi carattere, che il mio braccio si alzerà sopra le vostre teste. E' in virtù dello stesso che la mia s'intreccerà alla mano virginea di Agata Santa, di Lei che l'aprì amorosamente e tante volte, per far cadere sopra queste contrade, fecondate dal suo martirio, immensi benefizi.
Rassicuratevi dunque, figli miei, ed apparecchiatevi a ricevere la benedizione del Padre Vostro, del vostro Pastore. E intanto che egli implorerà a Voi ogni maggior bene, Voi implorate a lui che, come i primi cristiani sulla tomba dei martiri, così egli, sul sepolcro di Agata, vada a ritemprarsi e ad acquistare la luce, la verità, la forza necessaria all'adempimento dei suoi doveri pastorali.
Prostratevi, io già stendo la mano destra e scongiuro la Santissima Trinità a benedirvi copiosamente nell'anima, nel corpo, nelle case, nei figli, nelle famiglie, negli averi, nei campi, nelle scienze, nelle arti, nelle lettere, nelle industrie, nei commerci, nei doni del travaglio e del genio che l'orgoglio perverte e la religione santifica, in tutto insomma che vi appartiene.
3. La Vergine Maria nelle parole del Card. Dusmet
Voglio essere il vostro primo devoto, il vostro più caro figliolo! Deh! Maria, mettetemi sotto il vostro bel manto. Ma sono troppo peccatore e non merito tanto; mettetemi almeno sotto i vostri piedi. (Preghiera del Dusmet alla Madonna)
Il male eccede l'ordinaria misura. Ahimé! a questo pensiero basisce di spavento la tenerissima madre, la Chiesa, e pur troppo cadrebbe d'animo, se una più certa e gentile speranza non venisse a confortarla del tutto.
Tale speranza è sempre Maria, Eva del patto novello, la colma di grazia, la benedetta di tutte le generazioni, il sorriso del cielo, la dolcezza della terra, l'aiuto dei cristiani, l'appoggio dei deboli, il sostegno dei vacillanti, il coraggio dei pusillanimi, il conforto dei tribolati, il rifugio degli erranti. Oh sarà il piede purissimo di Lei, tutta bella e senza rughe, che farà mordere ancora una volta la polvere della terra al tenebroso rettile, e libererà gli illusi dalle spire fraudolenti di lui. La Chiesa non ne dubita punto: le ne danno sicurtà le inimicizie poste da Dio tra il serpente e la Donna. (Messaggio per l'8 Dicembre 1870)
Il sacro oratore p. Stasslacher raccontò: "Un giovane fu internato nelle carceri criminali di Ehrebreinstein. Il padre era morto. Non è a dire quanto dolore recasse al cuore d'una madre la prigionia del figlio. Ella si ridusse, per l'amarezza, in fin di vita, ma prima di morire, chiese ed ottenne di vedere il figlio. Nell'animo del giovine delinquente non eravi commozione, come non era luce nella prigione. La madre, pallida e macilente, prossima a spirare, non profferì parola, nemmeno un accento, ma rivolse al figlio per lungo tratto uno sguardo fermo e penetrante. E come egli era venuto, ripartì di nuovo, cupo e freddo. Ma, tornato alla prigione, quale mutamento non si avverò nel suo cuore al ricordo dello sguardo di sua madre! Scontata la pena, egli entrò in convento e si fece gesuita". L'oratore concludeva così: "quel giovane dissoluto ed empio d'allora voi lo vedete in questo pulpito".
Un tal prodigio, un tal mutamento è stato operato col mezzo dello sguardo della madre morente. Miei fratelli, anche voi più o meno, salvo un breve numero di eletti, maggiore di ogni eccezione, uscite non di rado fuori di strada e taluni sino al punto di non ricordarsi più di Dio.
Ebbene anche voi avete una Madre, una Madre non morente ma mestissima.
Ella, tacita, vi guarda, poi singhiozza e nasconde il virgineo volto tra le mani. Questa Madre è Maria. Il suo sguardo fecondo vi rammenta le buone avvertenze poste già da Lei sulla montagna della Salette ai felici due pastorelli e vi stimola a meditarle e a profittarne.
Conseguentemente, Vescovo delle anime vostre, io non posso farvi diversa esortazione. Fratelli miei, siate teneri di nostra Signora. La più amabile, la più pietosa delle madri, non ricuserà le vostre orazioni, ov'essere, come quelle del p. Stasslacher, prorompano ed esalino dal fondo dell'anima pentita. (Omelia nella festa della Madonna della Salette 1874)
Maria è la Madre nostra. Ora, una madre che si associò intimamente all'opera del riscatto, che pianse anch'ella sopra i nostri delitti, che ebbe parte alle pene del Cuore di Gesù, ed offrì se medesima sull'ara del dolore, una madre tale, non può a meno di farsi Mediatrice e Avvocata nostra... Maria non accusa, Maria non sentenzia, Maria non condanna. (Lett. Past. 1872)
Il Papa e la Chiesa saranno sostenuti da due mani che sono benignità e possanza, dalle mani della Madre di Dio... E la Signora bianca dei Pirenei ci esaudirà. I nostri sospiri, le nostre confessioni, i nostri sagrifizi, le nostre mortificazioni, le nostre comunioni, mel credete, non saranno sterili: Gesù Cristo, mediante Maria, tornerà ad essere Signore Dio delle società moderne, ed esse torneranno ad essere suo popolo. Così sia. (Lett. Past. 1876)
Il Maggio riviene, godete. Non le bianche, vermiglie e rosee aurore; non i tiepidi, lucidi e temperati soli; non le dilettevoli e fresche ombre; non le aure imbalsamate e leggiere; non le delicate evaporazioni delle erbucce odorosette; non le zolle spiranti gentile, inesplicabile fragranza; non i gorgheggi estatici, le fughe rapitive degli usignoli, i concerti armonici di altri sottili uccellini; non gli intercalari lieti, festevoli, gioiosi della villesca gente, e che so io, v'inducano a rallegrarvi. Cagione, innanzi e soprattutto, del nostro gioire sia Colei, alla quale il predetto mese è sacro. (Lett. Past. 1881)
Se qualche cosa i padri nostri avessero a invidiarci, sarebbe certo al certo questa pia pratica, così deliziosa e bella, che è divenuta per noi una dolce necessità. Amate, fratelli, praticate, consigliate, promovete il culto di Maria, e Gesù Cristo vi darà larghissime, come ai suoi veri discepoli, le celesti benedizioni ch'io ardentemente vi imploro. (Lett. Past.1884)
Il male eccede l'ordinaria misura. Ahimé! a questo pensiero basisce di spavento la tenerissima madre, la Chiesa, e pur troppo cadrebbe d'animo, se una più certa e gentile speranza non venisse a confortarla del tutto.
Tale speranza è sempre Maria, Eva del patto novello, la colma di grazia, la benedetta di tutte le generazioni, il sorriso del cielo, la dolcezza della terra, l'aiuto dei cristiani, l'appoggio dei deboli, il sostegno dei vacillanti, il coraggio dei pusillanimi, il conforto dei tribolati, il rifugio degli erranti. Oh sarà il piede purissimo di Lei, tutta bella e senza rughe, che farà mordere ancora una volta la polvere della terra al tenebroso rettile, e libererà gli illusi dalle spire fraudolenti di lui. La Chiesa non ne dubita punto: le ne danno sicurtà le inimicizie poste da Dio tra il serpente e la Donna. (Messaggio per l'8 Dicembre 1870)
Il sacro oratore p. Stasslacher raccontò: "Un giovane fu internato nelle carceri criminali di Ehrebreinstein. Il padre era morto. Non è a dire quanto dolore recasse al cuore d'una madre la prigionia del figlio. Ella si ridusse, per l'amarezza, in fin di vita, ma prima di morire, chiese ed ottenne di vedere il figlio. Nell'animo del giovine delinquente non eravi commozione, come non era luce nella prigione. La madre, pallida e macilente, prossima a spirare, non profferì parola, nemmeno un accento, ma rivolse al figlio per lungo tratto uno sguardo fermo e penetrante. E come egli era venuto, ripartì di nuovo, cupo e freddo. Ma, tornato alla prigione, quale mutamento non si avverò nel suo cuore al ricordo dello sguardo di sua madre! Scontata la pena, egli entrò in convento e si fece gesuita". L'oratore concludeva così: "quel giovane dissoluto ed empio d'allora voi lo vedete in questo pulpito".
Un tal prodigio, un tal mutamento è stato operato col mezzo dello sguardo della madre morente. Miei fratelli, anche voi più o meno, salvo un breve numero di eletti, maggiore di ogni eccezione, uscite non di rado fuori di strada e taluni sino al punto di non ricordarsi più di Dio.
Ebbene anche voi avete una Madre, una Madre non morente ma mestissima.
Ella, tacita, vi guarda, poi singhiozza e nasconde il virgineo volto tra le mani. Questa Madre è Maria. Il suo sguardo fecondo vi rammenta le buone avvertenze poste già da Lei sulla montagna della Salette ai felici due pastorelli e vi stimola a meditarle e a profittarne.
Conseguentemente, Vescovo delle anime vostre, io non posso farvi diversa esortazione. Fratelli miei, siate teneri di nostra Signora. La più amabile, la più pietosa delle madri, non ricuserà le vostre orazioni, ov'essere, come quelle del p. Stasslacher, prorompano ed esalino dal fondo dell'anima pentita. (Omelia nella festa della Madonna della Salette 1874)
Maria è la Madre nostra. Ora, una madre che si associò intimamente all'opera del riscatto, che pianse anch'ella sopra i nostri delitti, che ebbe parte alle pene del Cuore di Gesù, ed offrì se medesima sull'ara del dolore, una madre tale, non può a meno di farsi Mediatrice e Avvocata nostra... Maria non accusa, Maria non sentenzia, Maria non condanna. (Lett. Past. 1872)
Il Papa e la Chiesa saranno sostenuti da due mani che sono benignità e possanza, dalle mani della Madre di Dio... E la Signora bianca dei Pirenei ci esaudirà. I nostri sospiri, le nostre confessioni, i nostri sagrifizi, le nostre mortificazioni, le nostre comunioni, mel credete, non saranno sterili: Gesù Cristo, mediante Maria, tornerà ad essere Signore Dio delle società moderne, ed esse torneranno ad essere suo popolo. Così sia. (Lett. Past. 1876)
Il Maggio riviene, godete. Non le bianche, vermiglie e rosee aurore; non i tiepidi, lucidi e temperati soli; non le dilettevoli e fresche ombre; non le aure imbalsamate e leggiere; non le delicate evaporazioni delle erbucce odorosette; non le zolle spiranti gentile, inesplicabile fragranza; non i gorgheggi estatici, le fughe rapitive degli usignoli, i concerti armonici di altri sottili uccellini; non gli intercalari lieti, festevoli, gioiosi della villesca gente, e che so io, v'inducano a rallegrarvi. Cagione, innanzi e soprattutto, del nostro gioire sia Colei, alla quale il predetto mese è sacro. (Lett. Past. 1881)
Se qualche cosa i padri nostri avessero a invidiarci, sarebbe certo al certo questa pia pratica, così deliziosa e bella, che è divenuta per noi una dolce necessità. Amate, fratelli, praticate, consigliate, promovete il culto di Maria, e Gesù Cristo vi darà larghissime, come ai suoi veri discepoli, le celesti benedizioni ch'io ardentemente vi imploro. (Lett. Past.1884)
S. Agata nelle parole del Card. Dusmet
Voi siete nepoti non degeneri di Agata, la quale, guarnita collo scudo della Provvidenza, umiliò, conquise i fieri suoi tiranni; di Agata la quale, a prezzo del proprio sangue, rizzò nelle ridenti nostre contrade gli altari del vero Dio; di Agata, la quale sottrasse la Patria dalla oppressione pagana e conseguì successi, che agli occhi della gente del mondo era follia sperare.
Via sù, pertanto, continuate a mostrarvi degni di S. Agata, propugnatrice in Catania dei diritti imperscrittibili della coscienza, e non smentite voi stessi, restate fermi al vostro posto. A tal uopo sappiate profittare sempre più dell'efficace lezione che vi porge questa Fornace, santificata dal martirio di Lei e presso la quale venite periodicamente a sedere; sappiate informarvi allo spirito onde Agata benedetta sentivasi animata quando vi fu spinta dentro. Questa Fornace grida senza posa mai a chi vuole intenderlo: purità ad ogni costo, perseveranza a tutta prova nella fede. (Discorso nel I mercoledì di S. Agata 1873)
Raccomandatevi a S. Agata, ella soddisferà il vostro desiderio. Tenetela cara e siate sempre devoti di lei.
Da queste parole è stato tratto l'inno "Orsù, voi devoti", musicato da Mons. Schilirò, qui sotto eseguito dalla Corale Parrocchiale Basilica Cattedrale S. Agata V.M.
Via sù, pertanto, continuate a mostrarvi degni di S. Agata, propugnatrice in Catania dei diritti imperscrittibili della coscienza, e non smentite voi stessi, restate fermi al vostro posto. A tal uopo sappiate profittare sempre più dell'efficace lezione che vi porge questa Fornace, santificata dal martirio di Lei e presso la quale venite periodicamente a sedere; sappiate informarvi allo spirito onde Agata benedetta sentivasi animata quando vi fu spinta dentro. Questa Fornace grida senza posa mai a chi vuole intenderlo: purità ad ogni costo, perseveranza a tutta prova nella fede. (Discorso nel I mercoledì di S. Agata 1873)
Raccomandatevi a S. Agata, ella soddisferà il vostro desiderio. Tenetela cara e siate sempre devoti di lei.
Da queste parole è stato tratto l'inno "Orsù, voi devoti", musicato da Mons. Schilirò, qui sotto eseguito dalla Corale Parrocchiale Basilica Cattedrale S. Agata V.M.
4. S. Giuseppe nelle parole del Card. Dusmet
O mio amabite San Giuseppe, vi offro il mio cuore affin di farne, per le vostre mani, una donazione irrevocabile a Gesù e a Maria sino all'ultimo respiro della mia vita.
Fate, o gran Santo, che io non perda giammai di vista questi divini oggetti del mio amore, e che io loro sia fedele sino alla morte. Amen
(Preghiera a S. Giuseppe recitata ogni giorno dal Card. Dusmet)
Fate, o gran Santo, che io non perda giammai di vista questi divini oggetti del mio amore, e che io loro sia fedele sino alla morte. Amen
(Preghiera a S. Giuseppe recitata ogni giorno dal Card. Dusmet)